Welcome to "The Dead of Night," where darkness falls, and the chilling tales of murder unfold. Join us as we delve into the shadows, exploring the harrowing mysteries that lurk in the silence of the night.
In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C'erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.…
La festa del Corpo e del Sangue del Signore è una appendice, se così si può dire, dell’Ultima Cena celebrata da Gesù con i suoi apostoli, prima di andare incontro alla sua passione. In quel Giovedì Santo la nostra attenzione è subito presa dalle vicende dolorose del Signore, per cui quasi ci sfugge la grandezza del dono ricevuto: la sua presenza sotto i segni sacramentali del pane e del vino. Ma d’altra parte, lui stesso aveva detto ai suoi discepoli: «Non vi lascerò orfani…» e, nel discorso sul pane di vita, aveva permesso che alcuni discepoli si ritirassero dalla sua sequela perché aveva detto: «Vi darò da mangiare la mia carne, a bere il mio sangue!» Dinanzi alle difficoltà a credere, con forza egli ribadisce: «Chi non mangia la mia carne e non beve il mio sangue, non avrà la vita eterna». Fu duro questo discorso per alcuni discepoli, ma Gesù non mitigò le sue frasi. Si trattava proprio di carne e sangue, non di similitudini o analogie. La liturgia ci accompagna con la lettura della comparsa del sacerdote Melchìsedech, che offre pane e vino e ottiene una larga benedizione per Abramo. A lui, lo stesso Abramo offre la decima di tutto. La Lettera agli Ebrei (capitolo 7) ne svilupperà l’applicazione al sacerdozio di Cristo. San Paolo, scrivendo ai Corinzi, dichiara che quanto ha insegnato circa la Cena del Signore lui a sua volta lo ha ricevuto. Potremmo chiederci: da chi? Da Gesù stesso o dagli apostoli? Per noi la questione non ha importanza. A noi interessa sapere che la Santa Messa è stata celebrata fin dalle origini del cristianesimo in obbedienza al comando ricevuto dal Signore Gesù. San Luca mette in relazione la moltiplicazione dei cinque pani e due pesci al sacrificio eucaristico, in cui si consacra il pane per soddisfare la nostra fame spirituale di Gesù. Importante l’imperativo di Gesù: «Dategli voi stessi da mangiare!» Nella incapacità dell’uomo di procurare il vero cibo spirituale per le anime, interviene Lui stesso, anche oggi, servendosi della persona del sacerdote, che in suo nome e in nome del suo sacerdozio eterno ripete le stesse parole pronunciate da Lui nell’Ultima Cena: «Prendete e mangiatene tutti: questo è il mio Corpo, offerto in sacrificio per voi… Prendete e bevetene tutti: questo è il calice del mio Sangue, per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me». Quando partecipiamo alla celebrazione eucaristica, dovremmo fare uno sforzo di fede e di intelligenza: vedere nelle gesta del sacerdote celebrante la persona stessa di Gesù! Non lo vediamo fisicamente, non possiamo constatarne la presenza, ma proprio per questo lo crediamo lì, vivo ed operante per la salvezza di tutti gli uomini. La partecipazione devota alle varie manifestazioni organizzate nelle parrocchie in onore di Gesù presente nell’Eucaristia acquisti il significato del nostro “grazie” devoto e riconoscente.…
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e la ricchezza. Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? Non preoccupatevi dunque dicendo: "Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?". Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena».…
Il mondo e le sue attrattive (è il “mammona” del Vangelo odierno) oppure Dio. È l’esigenza di una scelta radicale, proveniente dalla coerenza e dalla fede, che il cristiano sceglie di professare e di vivere. “Non potete servire a Dio e a mammona”. Certamente il Signore non disconosce l’importanza del nutrimento, del vestiario e di quanto serve alla vita di ogni giorno. Vuole farci comprendere, però, che non è questo a dare il vero senso alla vita e desidera metterci in guardia da quegli eccessivi affanni che ci affliggono inutilmente e da quell’attaccamento alle cose che ci procura solo amare delusioni. Vuole far rinascere in noi la fede nel Dio provvidente, che ai nostri giorni sembra quasi scomparsa. Ci sollecita, perciò, a guardare con intelligenza spirituale gli uccelli del cielo, che non ammassano nei granai, eppure sono nutriti dal Padre celeste, e i gigli del campo, che provvidenzialmente si adornano di tutta la loro splendida bellezza. La conclusione è quella che dovrebbe entrare pienamente nel programma di vita di ogni cristiano: “cercate il regno di Dio e la sua giustizia e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta”.…
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non accumulate per voi tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassìnano e rubano; accumulate invece per voi tesori in cielo, dove né tarma né ruggine consumano e dove ladri non scassìnano e non rubano. Perché, dov'è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore. La lampada del corpo è l'occhio; perciò, se il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà luminoso; ma se il tuo occhio è cattivo, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!».…
Tutto ciò che ci appaga, o che crediamo ci appaghi, finiamo poi per amarlo e, quando riteniamo di aver trovato il bene migliore secondo le nostre personali valutazioni, quello diventa il nostro tesoro, il nostro piccolo idolo, che si annida poi nelle profondità del nostro cuore. Ma quante illusioni, quante delusioni! Quanti falsi tesori si dissolvono in un batter d’occhio e tramutano il momentaneo godimento nella più amara tristezza. Il Signore conosce bene questa nostra umana debolezza e, per questo, ci ammonisce a non accumulare falsi tesori sulla terra. “Quae sursum sunt sapite” • afferma san Paolo • “cercate (gustate) le cose di lassù”: eleviamo cioè il nostro spirito verso i beni che non periscono, che durano oltre il tempo e non riguardano solo il nostro corpo e le vicende che viviamo su questa terra, ma rimangono sempre integri e diventano fonte di felicità eterna. L’uomo di oggi è spesso prostrato, avvinto e disorientato dai beni di consumo, che vengono proposti con la migliore seduzione pubblicitaria come motivi di benessere e fonti di felicità. Occorre umana saggezza e divina sapienza per sapersi difendere da questi continui assalti. Deve essere molto triste, dopo tanti inutili affanni, ritrovarsi al termine della vita a mani vuote e spogli di ogni merito, dinanzi a Dio e dinanzi agli uomini. L’ultima parte del Vangelo di oggi ci parla della vera purezza dell’anima, parla dell’occhio che ne è lo specchio. O siamo illuminati dallo Spirito e, di conseguenza, tutto vediamo nella sua luce, oppure il nostro sguardo diventa tenebroso, cioè sempre orientato verso il buio e il male con tutte le sue brutture.…
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate. Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal male. Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe».…
È assurdo e blasfemo pretendere di convincere Dio, onnipotente e Signore, con la forza delle parole. Siamo ben lontani dalla preghiera, che è invece comunione di amore e vivo desiderio di conformarsi pienamente alla volontà divina. Gesù, maestro, ci insegna a rivolgerci a Dio e a chiamarlo con l’appellativo di Padre, immergendoci così subito in una dimensione di amore e facendoci riscoprire l’origine della nostra fraternità. Ci fa chiedere poi che la santità di Dio, del suo nome, sia partecipata e vissuta anche da noi, affinché il suo regno si estenda ovunque e in tutti. Riconoscendolo come unica fonte del vero bene, chiediamo che la sua volontà si compia in noi con la stessa perfezione con cui è vissuta in cielo. Chiediamo anche che sia provvido con noi, dandoci il pane e quanto occorre alla nostra vita. Riconoscendoci peccatori e trasgressori della sua legge divina, imploriamo il suo perdono, impegnandoci a nostra volta a perdonare coloro che ci hanno offeso. Scopriamo così che la preghiera di Gesù non è solo il modo migliore di comunicare con il Padre, in un afflato di intimità e di amore, ma è anche il miglior programma di vita per ogni credente.…
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